I precedenti - 3^parte
( continua da "I Precedenti - 2^ parte" )
Anche l'opera di Kurt Schwitters ha contribuito allo sviluppo di molte ricerche dei Nouveaux Réalistes: ad esempio il concetto di Merz, l'accumulazione sistematica nel tempo di oggetti dall'importante valore emozionale, sta alla base dell'opera di artisti come Spoerri e Arman. Daniel Spoerri nella determinazione della sua Topografia anedottica del caso, sistematicamente raccoglie e cataloga minuziosamente ogni sorta d'oggetti con precisione maniacale. Nel 1961, presso la galleria Köpcke di Copenaghen, presenta L'Epicerie (la drogheria); su un bancone di negozio, Spoerri espone alcuni prodotti normalmente venduti nelle drogherie (scatolame, conserve alimentari, ecc.) recanti la stampigliatura: Attention Oeuvre d'Art Daniel Spoerri. I prodotti trasformati in opere d'arte, vengono quasi interamente venduti al loro normale prezzo di mercato, il giorno stesso del vernissage. Con Collection d'épices (1963), Spoerri riprende lo stesso tema, esponendo su scaffali numerosi prodotti di drogheria fra i quali compare una scatoletta di Merda d'Artista di Piero Manzoni.
Nel 1962 realizza L'Optique moderne, un assemblage-collezione di ventotto tra occhiali e apparecchi per la vista, fissati su un pannello di legno; questo è accompagnato da delle Notules inutiles (postille inutili) redatte da François Dufrêne, consigli e ricette ironiche "sulla vista e il suo modo d'uso". Nella collezione vi figurano gli occhiali a persiana, gli occhiali di pelliccia (dedicati a Meret Oppenheim), gli occhiali a vetri scanalati di Raymond Hains, gli occhiali da fachiro (occhiali dotati di un chiodo ritorto verso il centro di ogni occhio). Praticamente è un invito a conoscere l'arte del vedere o meglio ancora sarebbe come vedere l'arte L'arte dei quadri-trappola e il suo ribaltamento del punto di vista, il vedere l'arte come la vedono gli uccelli, le mosche.
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...L'arte è gioco tra il falso e il vero, tra l'illusione e la realtà. È cieca e impara a vedere. Inganna ed insegna a non lasciarsi ingannare. Educa l'occhio e gli offre divertimenti, distrazioni, giochi [...]. Se alcune opere sono dei trompe-l'oeil, Daniel Spoerri raggruppa un certo numero di suoi pezzi in una serie intitolata: Détrompe l'oeil (disinganna l'occhio). In questi pezzi (per esempio: Attention chien méchant, del 1961), oggetti attaccati su quadri, disegni o tappezzerie vengono a perturbare lo spazio illusionista proposto sulla superficie piana. Nello stesso tempo questi creano una contraddizione nel cuore dello spazio dipinto o intessuto, questi oggetti trasformano la storia convenzionale del quadro prima e incitano lo spettatore ad inventare nuovi racconti brevi, incompleti, talvolta incoerenti ... (1) |
Pure gli affichistes Hains, Villeglé, Dufrêne e Rotella necessariamente si rifanno in qualche modo a Duchamp, il gesto di appropriazione del manifesto strappato non è dissimile dal gesto di appropriazione del ready-made di Duchamp. Il manifesto, interamente o parzialmente lacerato dal caso o da un intervento voluto, per assurgere al rango di opera d'arte, necessariamente deve passare attraverso l'intervento mediatore dell'artista a cui spetta la responsabilità dell'atto appropriativo. In Duchamp questo avveniva in base dell'indifferenza che l'oggetto in questione gli dava; negli affichistes, questa "beauté de l’indifférence" non esiste, è un "colpo di fulmine" (Villeglé) quello che sta alla base della scelta dell'affiche da staccare ed è ancora una volta una questione di responsabilità morale che consente di trasformare in gesto estetico il casuale strappo di un qualsiasi passante. Ovviamente non tutti gli affiche contengono in se quella valenza estetica che subito cattura la percezione, anzi spesso solo una parte dell'affiche è degna di attenzione, è naturale quindi che gli stessi artisti abbiano sentito il bisogno di intervenire sui loro manifesti raccolti, firmando una palizzata o un frammento di lamiera raschiata (Hains), scollando l'affiche per utilizzarne il rovescio (Dufrêne, Rotella), incollando tra loro più parti di affiche per poi lacerarli (Rotella, Villeglé), intervenendo con il mezzo pittorico (Rotella). Del resto pure Duchamp concependo i ready-made aiutati di fatto legittimava l'intervento creativo dell'artista sull'objet trouvé.
Dadaismo e Surrealismo hanno certamente influenzato le scelte formali degli affichistes: Villeglé si interessò molto alle figure del surrealista Léo Malet e del dadaista Johannes Baader, in particolare del primo che negli anni trenta concettualizzava una forma particolare di décollage direzionato. Se poi si confrontano alcuni affiches lacérés (ad esempio l'ultima produzione di Villeglé) con i merzbild di Kurt Schwitters, possiamo scoprire molte analogie di tipo formale: scritte, accostamenti cromatici, bizzarri giochi di parole sembrano essere elementi espressivi comuni nei due artisti e anche una certa strutturazione cubista comune è presente nelle due opere. Le analogie finiscono qui, altre sono le motivazioni che sottendono l'opera di Schwitters e degli affichistes: Schwitters disdegnando i comuni mezzi di espressione pittorica, utilizza il collage scegliendo miseri frammenti di vita quotidiana: il biglietto del bus, il ritaglio di giornale, l'etichetta di un prodotto, diventano i nuovi colori della tavolozza del pittore, sociologia applicata direttamente sulla tela. Gli affichistes superano il procedimento collagista privilegiando la manifestazione spontanea dello strappo del manifesto moderno, politico o pubblicitario che sia, da parte dell'anonimo passante, vera e autentica espressione sociologica del presente.
...Fino al 19° secolo il manifesto è stato sostanzialmente un documento ufficiale, strumento dell'autorità amministrativa o emanazione della propaganda di regime. Il manifesto commerciale è figlio della rivoluzione industriale, e la sua proliferazione è il riflesso delle trasformazioni economiche e sociali di un epoca [...] Più entra in contatto con le masse urbane, più cerca di essere persuasivo e di colpire, più diviene effettivamente soggetto alla lacerazione e alla perdita della propria integrità. È facile ricoprirlo o strapparlo. La
lacerazione del manifesto (sia essa voluta o gratuita) è diventata uno dei gesti più comuni nella psicologia delle masse cittadine... (2)
I décollages di Villeglé hanno sovente un attrazione maggiore, il grafismo, i ritmi generati da una profusione di caratteri e segni tipografici, fanno pensare al cubismo. L'accumulazione dei segni e delle lacerazioni contrasta con i décollages di Hains che presentano spesso grandi spazi di "riposo", un carattere meno espressionnista, meno gestuale e frammentato, più pittorico.
Schwitters abbelliva con reperti sociologici le sue composizioni cubiste; gli affichistes con la scelta o la lacerazione di un manifesto, diventano essi stessi gli intermediari sociologici della vita moderna…il mio atelier è la strada…dichiarava Hains.
...Il décollage è un gesto di appropriazione puro, immediato. L'apparizione dell'immagine è la manifestazione di una continuità organica nella successione dei giochi formali; questo fenomeno poetico insorge in un contesto d'inerzia espressiva o di caotica confusione da cui è necessario staccarlo, pur rispettando le specifiche condizioni del suo rivelarsi. Il décollage implica pertanto necessariamente il rifiuto di qualunque processo aggiuntivo (e di elementi allogeni e omogenei). Per contro vi è un largo margine d'improvvisazione per quanto riguarda la lacerazione. Il gesto della lacerazione non è additivo; modifica la morfologia esteriore dell'immagine senza alterarne la qualità intrinseca; esso è motivato dall'impulso necessario e sufficiente che lo muove direttamente nello spazio e nel tempo... (3)
In Arman convivono lo spirito Merz di Schwitters e l'approccio scientifico dei cubisti. Schwitters nei suoi Merzbild, inseriva in un contesto cubista biglietti di bus usati, lembi di tessuto, bottoni, oggetti vari, inosservati elementi sociologici diversamente destinati ad essere gettati via e riempire le nostre pattumiere. Arman (che aveva potuto vedere i collages di Schwitters nel 1954 a Parigi alla galleria Berggruen) va oltre, recuperando quelle che sono le miniere
sociologiche della nostra società: le poubelles (pattumiere). Se una persona è quel che mangia, necessariamente è anche quello che getta via, che produce come rifiuto. Arman segue alla lettera l'insegnamento: prende una pattumiera e ne versa il contenuto in una scatola trasparente o lo fonde nel plexiglas. Straordinariamente questi rifiuti, scelti senza alcuna volontà di ordinamento estetico, si accumulano in composizioni dettate dal caso che per varietà di materia, accostamenti cromatici, nulla hanno da invidiare ai collages cubisti o dadaisti. Inoltre queste poubelles si fregiano a pieno diritto dell'onore di "reperti archeologici" del nostro tempo; il confronto tra vari esempi di queste pattumiere è uno spaccato sotto vuoto della nostra società, autentici ritratti delle nostre abitudini, valori, personalità, sentimenti. È un po' come vedersi allo specchio, specchio irrimediabilmente deformato dalla civiltà dei consumi. Arman non ha mai nascosto il suo interesse per il cubismo, la possibilità di rappresentare un oggetto non più da un solo punto di vista ma da diversi contemporaneamente, la frammentazione pittorica dell'oggetto, sono stati il pretesto teorico della decostruzione-ricostruzione della forma-oggetto nella sua opera. In un certo senso si può affermare che Arman fa del cubismo applicato alla realtà. Il procedimento è lo stesso: Arman prende un oggetto, lo taglia, lo seziona, e lo ricompone in una nuova struttura, ma a differenza del cubismo il risultato finale non è dato da un arbitraria scelta formale decisa dall'artista, ma dall'oggetto stesso che impone da se la propria struttura nello spazio in un sottile gioco di passaggio da bidimensionalità a tridimensionalità. |
...perfino nelle mie composizioni volumetriche, il mio scopo è più pittorico che scultoreo. Voglio vedere i miei propositi come comprendenti le ottiche di una superficie più che una realizzazione in tre dimensioni [...] scomporre un violino in tranci fini è un atto scandaloso. L'applicazione di una tecnica o di un metodo, che potrebbe adattarsi ad un salsicciotto, ma che non è destinata ad un violino, provoca un "Twistage" del pensiero, un cambiamento che, naturalmente opera un'azione psicologica ... (4)
Il metodo di accumulazione sociologica del Merzbau di Kurt Schwitters (scultura intima, composta dall'accumulazione di svariati materiali, invadente poco a poco la casa dell'artista a Hannover) è presente in certa misura negli assemblages macchinistici di Tinguely. La raccolta di elementi della vita quotidiana, il recupero del rifiuto, l'aggiungere o levare a piacimento qualsiasi oggetto, la mancanza o quasi di un progetto definito danno all'assieme un carattere di non finito, di incompiuto. Schwitters costruiva il Merzbau gradualmente giorno per giorno in altezza, Tinguely lascia che le sue macchine crescano da sole, e queste crescono, si dilatano, si spostano in ogni direzione, urlano, sbraitano, si fermano e ripartono, defecano rottami ed emettono puzzolenti gas di scarico. Solo alla fine esauste, in un ultimo rantolo muoiono autodistruggendosi.
...Dall'estate del 1960 alla fine dell'inverno 1961, l'artista sviluppa nuove idee, in cui per rappresentare l'immateriale, fa ricorso a sostanze "non materiali" o indefinite come: il suono, la luce, l'odore, l'acqua, la pelliccia, le piume, il fuoco, il fumo, gli esplosivi e i palloni. Tuttavia insieme a queste materie immateriali intreccia: vecchie radio, carrozzine, lavandini, arti artificiali, annaffiatoi. Tutto può diventare scultura. Qualunque materiale è utilizzabile. Tinguely si muove tra i materiali come in trance. "talvolta non so più neppure con che cosa lavoro; qualche volta, di recente, ho creato degli oggetti-macchine senza nemmeno sapere come li avevo fatti; lavoro senza rendermene conto, esclusivamente d'istinto..." (5) |
Tinguely svilupperà ulteriormente il suo impeto costruttivo, soprattutto grazie all'aiuto prezioso di Niki de Saint-Phalle, insostituibile collaboratrice e compagna di vita di Jean, realizzando dei giganteschi Merzbau abitabili, veri e propri percorsi-labirinto artistici. Nel 1966 al Moderna Museet di Stoccolma, Jean e Niki con la collaborazione di Per Olof Ultved realizzano la Hon (Lei in svedese), una gigantesca Nana (serie di donne-scultura di Niki de Saint-Phalle) sdraiata, lunga venticinque metri e alta nove, contenente un milk-bar, uno scivolo, un acquario, un frantuma-bottiglie, una galleria di quadri falsi, un minicinema e molti altri effetti visivi e sonori dove il visitatore per potervi accedere doveva passare dall'ingresso rappresentato dalla vagina.
Nel 1970 a Milly-la-Forêt presso Parigi iniziano i lavori per la costruzione de La Tête (La Testa) una sorta di labirinto-percorso monumentale realizzato con la collaborazione di diversi amici artisti: Arman, Aeppli, Kienholz, Spoerri, Luginbühl, Rivers, Soto, Imhof, ecc. Si tratta di un opera non-finita suscettibile ogni volta di essere modificata nel tempo. Ogni artista aveva in gestione il suo ambiente che poteva allestire a piacimento e volendo anche espandere ulteriormente. È da notare che Sepp Imhof, uno dei più stretti collaboratori di Tinguely alla realizzazione dell'opera, nelle parti superiori interne della struttura vi realizzerà delle complesse merlettature di ferro, formalmente simili alle strutture del Merzbau di Schwitters, chiamate appunto dall'artista: Méta-Merz-Bau.
Altre grandi realizzazioni monumentali saranno, con Niki de Saint-Phalle nel 1972 il Golem, un mostro di nove metri d'altezza con tre grandi scivoli da collocare in un parco giochi a Gerusalemme e il Giardino dei Tarocchi a Garavicchio in Toscana, grande parco architettonico di Niki ispirato alle carte dei Tarocchi ed influenzato dalle forme architettoniche di Gaudì, a cui collaborerà attivamente anche Tinguely, oggi in fase di ultimazione.
Altre grandi realizzazioni monumentali saranno, con Niki de Saint-Phalle nel 1972 il Golem, un mostro di nove metri d'altezza con tre grandi scivoli da collocare in un parco giochi a Gerusalemme e il Giardino dei Tarocchi a Garavicchio in Toscana, grande parco architettonico di Niki ispirato alle carte dei Tarocchi ed influenzato dalle forme architettoniche di Gaudì, a cui collaborerà attivamente anche Tinguely, oggi in fase di ultimazione.
Note:
1. Gilbert Lascault, Oggetti sentimentali ed altro di Daniel Spoerri in Art Studio n.19 - L'art et l'object. Paris, 1990
2.3. Pierre Restany, Nuovo Realismo, Prearo Ed. Milano 1973.
4. Arman, citato in Arman catalogo esposizione galleria Arte Borgogna, Milano 1987
5. Pontus Hulten, Tinguely, una magia più forte della morte Bompiani, Milano 1987
1. Gilbert Lascault, Oggetti sentimentali ed altro di Daniel Spoerri in Art Studio n.19 - L'art et l'object. Paris, 1990
2.3. Pierre Restany, Nuovo Realismo, Prearo Ed. Milano 1973.
4. Arman, citato in Arman catalogo esposizione galleria Arte Borgogna, Milano 1987
5. Pontus Hulten, Tinguely, una magia più forte della morte Bompiani, Milano 1987