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Naturalmente i Nouveaux Réalistes non potevano non essere influenzati da quella polveriera creativa che è stata il Surrealismo. Pur essendo come parentela più affini a Dada, molti di loro hanno sicuramente visto e confrontato la propria opera con quelle di artisti come Man Ray, Meret Oppenheimer, Pablo Picasso, Joseph Cornell, Alberto Giacometti ed altri da cui hanno tratto preziosi insegnamenti.
Daniel Spoerri sembra essere il più surrealista fra tutti i Nouveau Réalistes, numerose sue opere contengono nelle tematiche e nei titoli espliciti riferimenti cari al patrimonio espressivo dei surrealisti: delle rappresentazioni al vero di proverbi e giochi di parole come les murs ont des oreilles (i muri hanno orecchie - 1964), Voir la paille dans l'oeil du voisin (vedere la pagliuzza nell'occhio del vicino - 1964), ad installazioni come quella nel 1963 alla galleria Dorothéa Loehr a Francoforte del Dorotheanum una sorta di "Istituto per il Suicidio" che attraverso undici celle, offre undici differenti modi per suicidarsi.
Grande importanza ha nell'opera di Spoerri il cibo, spesso associato al tema della morte. In l'homme est un nécrophage (l'uomo è
un necrofago - 1970-71), assemblage-collezione di numerosi coltelli da cucina affilati. Il cibo elemento fisico necessario alla sopravvivenza, indispensabile elemento materiale che ci separa dalla non-materialità della morte, è esso stesso motivo e fonte di morte: per vivere, per mangiare, spesso dobbiamo uccidere, eliminare gli altri per combattere la fame, lo stesso cibo che mangiamo è molto spesso frutto dell'uccisione di migliaia di vite.
L'alimentazione rappresenta certamente anche un momento importante della storia della civiltà e questo Spoerri lo sa, con la EAT-ART,
trasferisce l'arte nell'alimentazione e quindi nella vita. Ma nella nostra civiltà industriale l'alimentazione si è regredita ad una fase infantile e primitiva. Oggi ci abbuffiamo senza alcun motivo, c'è un alienazione nel consumare cibo, un aggressività mai vista, sembra
che mangiando, mangiamo assieme al cibo anche i nostri problemi. Più noi mangiamo e più distruggiamo i nostri nemici.
Daniel Spoerri sembra essere il più surrealista fra tutti i Nouveau Réalistes, numerose sue opere contengono nelle tematiche e nei titoli espliciti riferimenti cari al patrimonio espressivo dei surrealisti: delle rappresentazioni al vero di proverbi e giochi di parole come les murs ont des oreilles (i muri hanno orecchie - 1964), Voir la paille dans l'oeil du voisin (vedere la pagliuzza nell'occhio del vicino - 1964), ad installazioni come quella nel 1963 alla galleria Dorothéa Loehr a Francoforte del Dorotheanum una sorta di "Istituto per il Suicidio" che attraverso undici celle, offre undici differenti modi per suicidarsi.
Grande importanza ha nell'opera di Spoerri il cibo, spesso associato al tema della morte. In l'homme est un nécrophage (l'uomo è
un necrofago - 1970-71), assemblage-collezione di numerosi coltelli da cucina affilati. Il cibo elemento fisico necessario alla sopravvivenza, indispensabile elemento materiale che ci separa dalla non-materialità della morte, è esso stesso motivo e fonte di morte: per vivere, per mangiare, spesso dobbiamo uccidere, eliminare gli altri per combattere la fame, lo stesso cibo che mangiamo è molto spesso frutto dell'uccisione di migliaia di vite.
L'alimentazione rappresenta certamente anche un momento importante della storia della civiltà e questo Spoerri lo sa, con la EAT-ART,
trasferisce l'arte nell'alimentazione e quindi nella vita. Ma nella nostra civiltà industriale l'alimentazione si è regredita ad una fase infantile e primitiva. Oggi ci abbuffiamo senza alcun motivo, c'è un alienazione nel consumare cibo, un aggressività mai vista, sembra
che mangiando, mangiamo assieme al cibo anche i nostri problemi. Più noi mangiamo e più distruggiamo i nostri nemici.
Nel 1970 in occasione del decimo anniversario del Nouveau Réalisme a Milano, Spoerri organizza L'ultima cena. Banchetto funebre del Nouveau Réalisme sorta di cena-happening con la partecipazione di tutti i Nouveaux Réalistes. Avvenimento che non vuole essere solo l'ideale sepoltura di un glorioso passato di dieci anni e neppure un omaggio all'ultima cena leonardesca che si trova a Milano; questa segnava con Cristo il passaggio dalla vita alla morte (nell'eucarestia il pane e il vino sono allo stesso tempo corpo e sangue di Cristo). Spoerri nella sua ultima cena riafferma lo stretto vincolo che lega tra loro la vita e la morte, cioè il cibo.
In Niki de Saint-Phalle l'elemento surrealista si esprime soprattutto nelle opere dei primi anni sessanta precedenti le Nanas: i Tiri, gli Altari, i Mostri sono ricchi di riferimenti cari all'immaginario surrealista: l'inconscio, la sessualità, il sadomasochismo, le pratiche occulte, l'iconoclastia diffusa sono il vocabolario di espressione di questa singolare artista. Ma in particolare nell'opera di Niki c'è un tema dominante: la violenza (il numero di coltelli e fucili che appariranno sulle sue tele, in questo periodo è fenomenale) efficacemente espressa nella famosa serie dei Tiri.
Questi sono pannelli di gesso percorsi irregolarmente sulla superficie da rigonfiamenti creati da sacchetti di plastica pieni di colore collocati all'interno. Lo spettatore deve, con una carabina, sparare sulla superficie di questi rilievi-bersaglio. L'impatto dei colpi sparati provoca la fuoriuscita del colore che cola sulla superficie del gesso, formando un immagine che ricorda molto la pittura dell'action painting. Quest'atto di sadomasochismo artistico è un atto puramente surrealista, oltre che a fare risvegliare l'inconscio omicida che vive in tutti noi e che spesso si esprime nella pratica artistica, è anche un messaggio di Niki che vuol dirci che l'opera d'arte nasce nel momento stesso in cui la si uccide, così come tutte le rivoluzioni artistiche sono sempre nate dalle ceneri di quelle che le hanno precedute.
Man Ray è un importante punto di riferimento per i Nouveaux Réalistes, già nel 1935 anticipa i tableaux-pièges di Spoerri con l'opera Collage ou l'age de la colle. Incuriosito dalla disposizione di alcuni oggetti lasciati dalla domestica su di una tavola, blocca gli oggetti con della colla ed incornicia questa composizione dettata dal caso. Nel 1920 Man Ray esegue l'Enigma di Isadore Ducasse,
una macchina da cucire avvolta completamente con del feltro e legata con dello spago, anticipatrice di trentotto anni gli empaquetages di Christo. Che Christo abbia visto o no l'opera di Man Ray, questo non ha importanza, tutti e due gli artisti giocano molto sul senso di straniamento e di mistero che un oggetto assume quando viene per intero o parzialmente nascosto alla vista, inoltre l'uso della corda legata strettamente crea delle linee dinamiche in tutta l'opera dando un senso di tensione al tutto comunicandoci un senso di angoscia, di costrizione sadica, di prigionia opprimente.
una macchina da cucire avvolta completamente con del feltro e legata con dello spago, anticipatrice di trentotto anni gli empaquetages di Christo. Che Christo abbia visto o no l'opera di Man Ray, questo non ha importanza, tutti e due gli artisti giocano molto sul senso di straniamento e di mistero che un oggetto assume quando viene per intero o parzialmente nascosto alla vista, inoltre l'uso della corda legata strettamente crea delle linee dinamiche in tutta l'opera dando un senso di tensione al tutto comunicandoci un senso di angoscia, di costrizione sadica, di prigionia opprimente.
...Per Christo qualsiasi tipo di tessuto essendo uno dei manufatti più antichi dell'uomo racchiude in se un fascino particolare e può spesso assumere una sorta di presenza umana. Il tessuto ammorbidisce e nasconde, e contemporaneamente mette in risalto i contorni e le forme che evidenti non erano (come ogni sarto ben sa). Un empaquetage trasforma ciò che è impacchettato, lo rende più sensuale, più scultoreo, più misterioso... (1)
La differenza sostanziale tra Man Ray e Christo sta nel fatto che nell'impacchettamento Christo compie un atto di appropriazione dell'oggetto, un operazione concettuale dettata da una profonda riflessione. Il rischio non infondato era quello di ridurre il gesto dell'impacchettamento ad una ritualizzazione, ad una prassi operativa finalizzata alla produzione di oggetti-feticcio fine a se stessa. L'incontro e la frequentazione di Yves Klein (tra il 1961 e il 1962, pochi mesi prima della morte di Yves) è di estrema importanza nell'evoluzione appropriativa di Christo. L'architettura dell'aria, le zone di sensibilità pura, il Teatro del Vuoto segnano una svolta nella concezione dell'empaquetage.
Ora è lo spazio l'elemento di confronto e sfida di Christo: il 27 giugno 1962 senza alcun permesso ufficiale erige in rue Visconti in pieno Saint Germain des Près a Parigi alle nove di sera un Rideau de fer un monumento temporaneo formato da duecentoquattro bidoni di benzina accatastati uno sopra l'altro per l'altezza di circa quattro metri e mezzo, bloccando per tre ore il traffico circostante e irritando e sconcertando i residenti che reagirono rovesciando improperi e secchiate d'acqua sui colpevoli. In seguito Christo esegue gli Store-fronts, vetrine di negozi riprodotti a grandezza naturale e ricoperti da lenzuola fino a tre quarti della loro altezza. Questi negozi richiamano alla memoria il Vuoto di Klein alla galleria di Iris Clert nel 1958, è come se Christo avesse avuto in eredità da Klein l'autorizzazione ad impacchettare ilvuoto, l'immateriale, la spiritualità pura. Da questo momento Christo diventa a ragione il degno erede di Klein, dal 1962 ha praticamente impacchettato di tutto, oggetti, persone, monumenti, ponti, edifici, intere spiagge e isole, vallate, fiumi e mari sono solcati dai suoi teloni. L'arte si è conciliata con il mondo perché il mondo stesso si è fatto arte.
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Note:
1. Calvin Tomkins, Vite d'avanguardia... Costa & Nolan, 1983
1. Calvin Tomkins, Vite d'avanguardia... Costa & Nolan, 1983